Le controversie in tema di appartenenza dei sottotetti, ai fini della riconduzione o meno al novero delle parti comuni ex art. 1117, c.c. vanno decise con riferimento ai concreti indici di prevalenza o meno della funzione di copertura delle unità immobili

Le controversie in tema di appartenenza dei sottotetti, ai fini della riconduzione o meno al novero delle parti comuni ex art. 1117, c.c. vanno decise con riferimento ai concreti indici di prevalenza o meno della funzione di copertura delle unità immobiliari sottostanti (Cassazione, ordinanza 17 maggio 2013, n. 12046).

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Si trascrive di seguito la relazione preliminare ex art. 380 bis c.p.c. del 30.11.12.

"Con la sentenza in oggetto la Corte di Bari,riformando quella di primo grado del Tribunale di Foggia in data 20.3.01, ha respinto la rivendicazione di condominialità, proposta da F.F. ed altri condomini di due palazzine site in (OMISSIS), nei confronti di D.F.G., originario proprietario - costruttore e venditore dei singoli appartamenti, ad oggetto di due sottotetti, ritenendo questi ultimi costituire, al pari delle antistanti terrazze a livello, vere e proprie unità edilizie autonome, realizzate con regolare licenza edilizia, e pertanto non rientranti nel novero delle cose da presumersi comuni ai sensi dell'art. 1117 c.c. non assolvendo in particolare ad una preminente funzione di copertura degli immobili sottostanti.

Ricorrono i soccombenti con due motivi, deducenti omessa insufficiente e contraddittoria motivazione e violazione di legge per difetto assoluto di motivazione.

L'intimato si è costituito con procura notarile al difensore.

Ad avviso del relatore il ricorso si palesa immeritevole di accoglimento, poichè le censure attaccano una valutazione di merito compiuta dal giudice di appello,che non ha omesso di motivare il proprio convincimento, ma ne ha dato conto, senza incorrere in alcun profilo di illogicità, sulla scorta di accertamenti di fatto (consistenza ed uso abitativo degli immobili in questione, prevalente su quella di copertura, sussistenza di titolo edificatorio, autonomia catastale delle relative unità, accessorietà delle terrazze rispetto alle due mansarde), insindacabili nella presente sede, conformandosi ai dettami della corrente giurisprudenza di legittimità, secondo cui le controversie in tema di appartenenza dei sottotetti, ai fini della riconduzione o meno al novero delle parti comuni ex art. 1117 c.c., vanno decise con riferimento ai concreti indici di prevalenza o meno della funzione di copertura delle unità immobiliari sottostanti.

Tale valutazione si tenta rimettere in discussione nella presente sede, proponendo un diverso scrutinio delle risultanze di causa: a) con richiamo ad una clausola contenuta nei titoli di acquisto (circa la comprensività delle parti comuni) palesemente di puro stile e comunque irrilevante (rimanendo da dimostrare che all'epoca i sottotetti costituissero parti comuni); b) con richiamo peraltro non autosufficiente, ad una relazione comunale relativa al progetto di costruzione delle palazzine, in cui i due locali sarebbero stati indicati quali sottotetti, qualificazione di per sè neutra, poco o punto rilevando ai fini della riserva di proprietà e del successivo esercizio, autorizzato con provvedimento della P.A. da presumersi legittimo,dello ius aedificandi da parte dell'originario avente diritto, non spogliatosi della relativa proprietà; c) deducendo il collegamento dei due locali alla scala comune, elemento di per sè neutro, assolvendo detta scala alla funzione di dare accesso a tutte le unità immobiliari facenti parte dello stabile condominiale, e quindi anche a quelle in questione, senza per ciò comunicare alle stesse il connotato di condominialità; d) lamentando un difetto assoluto di motivazione con riferimento ai lastrici, pur avendo il giudice di appello dato atto che in realtà di trattava di terrazze a livello, e peraltro senza censurare la dirimente considerazione (pag. 3 u.p. sent. impugnata), secondo cui la domanda non aveva avuto ad oggetto anche tali parti.

Si propone conclusivamente la reiezione del ricorso".

Alla suesposta relazione ha fatto seguito il deposito di una memoria di parte ricorrente, dal cui contenuto, tuttavia, non è dato desumere ulteriori convincenti argomentazioni atte e superare le ragioni reiettive esposte dal relatore.

Parte ricorrente continua a proporre una diversa valutazione delle risultanze istruttorie, rispetto a quella fornita dalla corte di merito, senza evidenziare alcuna omissione o illogicità del ragionamento in base al quale i giudici di appello sono pervenuti, sulla scorta di una complessiva valutazione di una serie di elementi convergenti ad escludere,nel silenzio dei titoli, la natura comune degli immobili in questione, non assolvendo gli stessi in concreto ad una prevalente funzione di copertura delle sottostanti ali dell'edificio, bensì a quella di unità abitative autonome.

Tale valutazione risulta basata sull'apprezzamento di una situazione di fatto che, correttamente prescindendo dalle previsioni del progetto originario di costruzione (rilevanti soltanto sul piano amministrativo della regolarità urbanistico - edilizia dell'intervento), ha tenuto conto, nel silenzio dei titoli, della concreta prevalenza, rispetto alla funzione di copertura dello stabile condominiale, della concreta destinazione,conferita dall'originario proprietario costruttore, dei volumi in questione ad unità abitative autonomamente fruibili, ancorchè ubicate sulla sommità dell'edificio e sottostanti al tetto comune.

L'accertamento, che si pone in linea con la giurisprudenza di questa Corte, secondo cui siffatte valutazioni, in assenza di specifiche risultanze dei titoli, vanno compiute sulla base del concreto assetto dei beni in questione,segnatamente della relazione materiale esistente tra la cosa, che si assume principale, e quella che si assume accessoria (v., in particolare, sent. nn. 4976/12, 24174/04), risulta adeguatamente motivato, sottraendosi pertanto a censure di legittimità.

Il ricorso va conclusivamente respinto.

Nulla sulle spese, non avendo l'intimato svolto attività difensiva.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 12 aprile 2013.

Depositato in Cancelleria il 17 maggio 2013

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