La falsità della situazione patrimoniale determina la nullità della delibera di aumento del capitale sociale

Cassazione, sentenza 24 marzo 2014, n. 6856, sez. VI civile

 Il Commento

REPUBBLICA ITALIANA

NEL NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

 

Dott. Giuseppe Salmè - Presidente

Dott. Aldo Ceccherini - Consigliere

Dott. Massimo Dogliotti - Consigliere

Dott. Antonio Didone - Consigliere

Dott. Giacinto Bisogni – Rel. Consigliere

Ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

Tizia elettivamente domiciliata in Roma, …, presso lo studio dell'avv. …, rappresentata e difesa, per procura a margine del ricorso, dall'avv.…che dichiara di voler ricevere le comunicazioni relative al processo presso il … fax n........ e-mail: ….

- ricorrente-

nei confronti di

Alfa s.r.l., elettivamente domiciliata in Roma, via …, presso l'avv. ….che la rappresenta e difende, per procura speciale a margine del ricorso;

- controricorrente –

avverso la sentenza n. 310/2007 della Corte d'appello di Napoli emessa in data 24 gennaio 2007 e depositata il 19 febbraio 2007, R.G. n. 3429/04;

sentito il Pubblico Ministero in persona del sostituto procuratore generale dott. Pasquale Fimiani che ha concluso per la dichiarazione di inammissibilità o in subordine per il rigetto del ricorso;

Rilevato che:

1. Tizia ha impugnato davanti al Tribunale di Benevento la delibera dell'assemblea straordinaria della Alfas.r.l. del 15 marzo 2000 di approvazione dell'aumento di capitale. Ha lamentato la mancata indicazione nell'ordine del giorno della misura di aumento del capitale sociale e la disinformazione sulle reali condizioni patrimoniali della società e sulla presumibile perdita integrale del capitale che non consentiva la delibera di aumento senza preventiva reintegrazione. Ha rilevato infatti che dalle relazioni dell'ispettore giudiziario nominato dal Tribunale nel 1997 erano risultate gravi irregolarità nella redazione dei bilanci (crediti incerti della società iscritti a bilancio per 3.487.882.800, perdita di lire 588.040.893 espunta dal bilancio 1998 nonostante non fosse stata ripianata).

2. Si è costituita la società che ha contestato l'impugnazione rilevando che l'indicazione della misura dell'aumento previsto del capitale era stata discussa nella precedente assemblea ordinaria, a cui aveva partecipato Tizia e in cui era stato conferito mandato al consiglio di amministrazione di convocare l'assemblea straordinaria per l'aumento del capitale nella misura di 2 miliardi di lire. Quanto alla situazione patrimoniale la società ha contestato le deduzioni di Tizia rilevando che i crediti iscritti a bilancio erano tutti certi, liquidi ed esigibili e già riscossi o in via di riscossione. La perdita indicata al 31 dicembre 1997 era la mera risultante di un errore di riclassificazione delle poste del bilancio 1997 che era stato corretto nel bilancio relativo al 31 dicembre 1999. L'aumento del capitale era stato proposto dal c.d.a. per adeguare strutture e attrezzature della casa di cura agli standard richiesti dalla Regione Campania ai fini dell'accreditamento definitivo della società.

3. Il Tribunale di Benevento con sentenza n. 981/04 ha respinto l'impugnazione e compensato le spese processuali.

4. Contro la sentenza ha proposto appello Tizia ribadendo le difese svolte in primo grado mentre con appello incidentale la Alfa s.r.l. ha chiesto pronunciarsi l'estinzione del processo in accoglimento della eccezione sollevata in primo grado.

5. La Corte di appello di Napoli ha respinto entrambi gli appelli e compensato le spese processuali del giudizio di appello.

6. Ricorre per cassazione Tizia deducendo omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo del giudizio nonché violazione e falsa applicazione di norme di diritto con riferimento agli artt. 2423, 2423 bis, 2423 ter, 2424, 2424 bis, 2425, 2425 bis, 2426, 2427, 2428, 2429, 2446, 2447, 2491, 2494, 2495 c.c. nonché art. 360 nn. 3, 4 e 5 c.p.c.

7. La ricorrente sottopone alla Corte i seguenti quesiti di diritto: a) se la delibera di aumento di capitale, assunta ai sensi degli artt. 2438 e 2495 c.c. vecchia formulazione, deve essere corredata di una situazione patrimoniale predisposta secondo i principi di veridicità, chiarezza, precisione posti a presidio della redazione del bilancio di esercizio delle società di capitali; b) se la violazione di tali principi, rispetto alla redazione della situazione patrimoniale, determina la nullità della delibera di aumento di capitale; c) se, alla luce della documentazione in atti (relazione dell'amministratore giudiziario, dott. Caio dell'11 settembre 2002 che ha riformulato tutti i bilanci della Alfa s.r.l. dal 1997 al 2001, ivi compreso quello al 31 dicembre 1999, la situazione patrimoniale al 31 dicembre 1999, posta a base della delibera del 15 marzo 2000, era falsa in quanto redatta in violazione dei principi di veridicità, chiarezza e precisione; d) se, stante la falsità di tale situazione, la delibera straordinaria assunta dalla Alfa s.r.l. in data 15 marzo 2000 andava e va dichiarata nulla e comunque invalida, alla luce della documentazione depositata.

Ritenuto che

8. il quesito di diritto - dovendo assolvere alla funzionedi integrare il punto di congiunzione tra la risoluzione del caso specifico e l'enunciazione del principio giuridico generale - non può essere meramente generico e teorico, ma deve essere calato nella fattispecie concreta, per mettere la Corte in grado di poter comprendere dalla sua sola lettura, l'errore asseritamente compiuto dal giudice di merito e la regola applicabile e deve investire la ratiodecidendi della sentenza impugnata, proponendone una alternativa e di segno opposto (Cass. civ., sezione V, n. 3530 del 7 marzo 2012 e Cass. civ., sezione III, ordinanza n. 4044 del 19 dicembre 2009).

9. Nella specie la Corte di appello non ha affatto affermato che la delibera di aumento del capitale sociale non deve essere corredata dalla situazione patrimoniale della società e tantomeno ha deciso la controversia ritenendo non necessaria la messa a disposizione dei soci della situazione patrimoniale preventivamente alla delibera sull'aumento di capitale come incontestatamente è avvenuto. Al contrario la Corte di appello ha affermato che, per poter dichiarare la nullità di una delibera di aumento di capitale, occorre accertare la falsità della situazione patrimoniale messa a disposizione dei soci per consentire loro di deliberare conoscendo la effettiva situazione della società e che, per poter provare la dedotta falsità della relazione patrimoniale, l'appellante avrebbe dovuto produrre copia della relazione che invece non si rinviene agli atti. La Corte distrettuale ha rilevato poi che la nullità di una delibera di aumento di capitale fondata su una relazione descrittiva della situazione patrimoniale sussiste quando dalla iscrizione di dati contabili non rispondenti al vero o dall'omissione di poste derivi un concreto pregiudizio per gli interessi tutelati dei soci indotti in errore dall'inesatta informazione sulla consistenza patrimoniale e sull'efficienza economica della società.

10. La Corte di appello ha anche ipotizzato che potesse considerarsi sufficiente alla decisione la produzione in giudizio del successivo bilancio della società al 31 dicembre 1999 ma ha escluso, sulla base della relazione dell'amministrazione giudiziario sulla gestione dell'esercizio chiuso al 31 dicembre 2000, che le contestazioni specifiche mosse dall'appellante siano idonee a rappresentare l'occultamento di perdite o inesistenza di crediti appostati in bilancio.

11. Ne deriva quindi la inconferenza del primo quesito rispetto alla ratio decidendi della Corte di appello e la sua astrattezza rispetto al caso in esame estensibile agli altri quesiti che del primo sono sostanzialmente la concatenazione logica.

12 Per altro verso il terzo e quarto quesito richiedono esplicitamente una riedizione del giudizio di merito diretto all'accertamento della falsità della situazione patrimoniale mai prodotta in giudizio e alla conseguente dichiarazione di nullità della delibera.

13. Tali richieste sono palesemente inammissibili perché oltre a essere del tutto estranee alla contestazione della citata prima ratio decidendi avrebbero dovuto costituire l'oggetto di critiche specificamente argomentate alla motivazione posta alla base della subordinata ratio decidendi di cui al precedente punto 10. Critiche che dovevano essere sintetizzate, secondo il disposto dell'art. 366 bis c.p.c., al fine di consentire la chiara individuazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero delle ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione.

14. In base alle predette considerazioni va dichiarata l'inammissibilità del ricorso con condanna della ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione liquidate in 6.200 euro di cui 200 per spese.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 10 febbraio 2014.

Il Giudice rel. - Giacinto Bisogni

Il Presidente - Giuseppe Salmè

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