Imposta di registro fissa per la risoluzione per mutuo dissenso dell'atto di vendita

 

Sezione n°1

reg. generale n 674/2015

udienza del 11/03/2016 ore 09:30

pronunciata il 11 mar 2016

depositata in segreteria il 21 mar 2016

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE

DI CHIETI - SEZIONE I

riunita con l'intervento dei Signori:

 

MOFFA TULLIO - Presidente e Relatore

MENNA FILIPPO - Giudice

PALMITESTA ALFREDO - Giudice

 

ha emesso la seguente

SENTENZA

 

- sul ricorso n. 674/2015 depositato il 04/09/2015

- avverso AVVISO DI LIQUIDAZIONE n° 14/1T/002976/000/P002 REGISTRO 2014

contro:

AG. ENTRATE DIREZIONE PROVINCIALE CHIETI

proposto dai ricorrente:

TIZIA

..

difeso da:

 

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto depositato il 4.9.2015 TIZIA proponeva ricorso-reclamo avverso l'avviso di liquidazione dell'imposta di registro di € 4.940,50 sul contratto di risoluzione per mutuo dissenso relativamente a precedente compravendita immobiliare nei confronti di CAIO — atto per notar ROMOLO ROMANI del 7.11.2014, rep. n. …. -.

Veniva in particolare dedotto che tale contratto, avente natura risolutiva, era improduttivo di effetti traslativi onde erano dovute in misura fissa sia l'imposta di registro che quella ipotecaria e catastale ed a tale criterio si era attenuto il notaio rogante.

A sostegno del proprio assunto indicava precedenti giurisprudenziali, risoluzioni ministeriali e uno studio del Consiglio Nazionale del Notariato n. 142/2014 a conforto dell'effetto estintivo e non traslativo del contratto c.d. di mutuo dissenso con efficacia ex tunc.

Si opponeva all'accoglimento del ricorso l'Agenzia delle Entrate che, rifacendosi ad autorevole dottrina civilistica, insisteva sulla natura di contrarius actus e quindi sul carattere traslativo dell'atto di mutuo dissenso con efficacia ex nunc comportante un nuovo trasferimento di proprietà immobiliare e, come tale, assoggettabile all'imposta di registro in misura proporzionale al valore del bene retrovenduto.

Concessa la sospensiva, la causa è stata riservata per la decisione all'udienza odierna sulle contrapposte conclusioni delle parti sopra riassunte.

 

MOTIVI DELLA DECISIONE

Le incertezze dottrinali e giurisprudenziali sulla natura giuridica del c.d. mutuo dissenso hanno impegnato alquanto questa Commissione nello studio delle rispettive tesi dovendo comunque pervenire ad una decisione.

Gli esiti interpretativi della dottrina e della giurisprudenza possono essere condensati nel seguente duplice orientamento:

a) per alcuni autori il mutuo dissenso non potrebbe mai avere effetti reali, ma a tale fine sarebbe sempre necessario un autonomo negozio con efficacia ex nunc uguale e contrario al precedente - teoria del contrarius actus patrocinata da insigni civilisti quali MIRABELLI, SCOGNAMIGLIO, BIONDI, ALLARA, DEIANA, MESSINE0-;

b) per altri il mutuo dissenso è un contratto risolutorio che scioglie direttamente il vecchio contratto (senza passare dalla stipula di un nuovo contratto eguale e contrario a quello originario) ed, in quanto tale, è destinato a demolirlo come se non fosse mai esistito, pertanto il ritrasferirnento sarebbe soltanto un effetto riflesso di una causa autonoma avente quindi efficacia retroattiva (ex tunc) — teoria della fattispecie solutoria sostenuta da altrettanti famosi studiosi quali CAPOZZI, BIANCA, LUMINOSO, FRANZONI, GALGANO-.

II contrasto dottrinario ha finito per ripercuotersi anche dinanzi alla Suprema Corte.

Le oscillazioni giurisprudenziali si sono verificate nel tempo e a fronte di un orientamento che si rifà ai motivi di cui al capo a) - v. Cass., sentenze n. 7270/1997, n. 17503 del 2005 n. 4906 e 18859 del 2008, n. 3935 del 2014 e da ultimo ordinanza n. 4134 del 2015 —se n'è contrapposto altro basantesi sul capo b) — v. Cass., sentenze n. 20445/2011, n. 18844/2012, n.5529/2014, oltre allo studio n. 142 approvato dal Consiglio Nazionale del Notariato il 30 gennaio 2015.

E' augurabile un intervento delle Sezioni Unite per dirimere ogni ulteriore contrasto.

Anche le prassi amministrative sono state altalenanti (cfr. risoluzioni ministeriali n. 250475 del 23 marzo 1988, n. 329/E del 14 novembre 2007 e n.20/E del 14 febbraio 2014).

Ciò premesso in punto di incertezze interpretative della normativa civilistica degli atti di mutuo dissenso questa Commissione ritiene di non essere costretta a prendere posizione in quanto chiamata a pronunciarsi su di un atto che il notaio ha inteso stipulare (superando l'inammissibilità del mutuo dissenso per i contratti ad effetti reali una volta che il primo contratto di compravendita abbia già prodotto la traslazione del bene), in forza del principio che gli artt. 1372 e 1376 cod.civ. rientrano nella dottrina generale del negozio giuridico senza alcuna specifica limitazione ai contratti con effetti obbligatori.

Ed allora non resta che affrontare il problema del trattamento fiscale del mutuo dissenso con riferimento ai contratti con effetti reali (cui appartiene appunto la compravendita) che questa Commissione ritiene di risolvere in applicazione della ratio dell'imposta di registro ed in base ad una interpretazione logico-sistematica dell'art. 28 D.P.R. 26.4.1986 n. 131 (TUIR — Testo Unico Imposta di Registro-).

II presupposto di tale imposizione risiede nella presunzione di arricchimento di una delle parti contraenti nel momento in cui avviene il trasferimento di beni, diritti, crediti ecc. da un soggetto ad un altro e quindi ha un evidente contenuto patrimoniale.

Basta questa semplice considerazione per ricavarne che il mutuo dissenso, essendo diretto ad annullare un precedente contratto, non comporta alcun trasferimento di ricchezza poiché l'obiettivo delle parti contraenti è solo quello di ripristinare l'originario assetto patrimoniale, cancellando gli effetti della precedente pattuizione avente effetti traslativi con l'effetto indiretto della retrocessione del bene e della restituzione del prezzo.

In difetto di un qualsiasi arricchimento viene a cadere lo stesso presupposto dell'imposta proporzionale di registro commisurata al valore del bene, restando soltanto l'obbligo di corrisponderla in misura fissa finendo per assumere la forma della tassa.

Ad avviso di questa Commissione la retta soluzione della diatriba di cui sopra scaturisce dalla visualizzazione dell'aspetto economico dell'atto di mutuo dissenso od anche detto di mutuo consenso, di risoluzione convenzionale o di accordo solutorio per cui, dal punto di vista giuridico, è come se l'atto originario non fosse mai intervenuto, eppertanto esula dal mutuo dissenso ogni profilo di onerosità o gratuità con il mero riferimento al primo contratto.

L'art. 28 TUIR attentamente interpretato rafforza tale punto di vista in quanto prevede l'applicazione dell'imposta in misura fissa se la risoluzione dipende da clausola o da condizione risolutiva espressa e non si riesce a cogliere la differenza sotto il profilo causale con l'altra ipotesi di un recesso bilaterale per motivi sopravvenuti.

In altri termini la tassazione proporzionale dell'atto la si fa dipendere soltanto da un elemento formale e non già sostanziale anche in presenza in entrambi i casi di un azzeramento patrimoniale e non di un incremento.

Altro argomento a contrario in favore della soluzione accolta lo si può trarre dal secondo comma dell'art 28 TUIR laddove è stata prevista la determinazione dell'imposta proporzionale soltanto in caso di corresponsione di un corrispettivo per la risoluzione come maggiorazione delle prestazioni stesse, circostanza questa che esula dalla presente fattispecie in cui le parti a distanza di anni sono addivenute alla conclusione di sciogliersi dalla precedente compravendita a seguito di accertata irregolarità edilizia con la restituzione del prezzo e del bene senza ulteriori pagamenti.

In quanto espressione di nessuna capacità economica l'atto non può che essere assoggettato ad imposta fissa.

Elemento che supporta ulteriormente la tesi sostenuta da questo Giudice Io si può arguire anche dal regime di pubblicità previsto per il mutuo dissenso che è l'annotazione (art. 2655 cod.civ.) e non già la trascrizione che è la formalità idonea qualora si fosse trattato di retrocessione, per cui l'originario contratto di vendita va considerato come mai avvenuto.

Trattandosi di annotazione anche l'imposta ipotecaria e catastale va applicata in misura fissa.

In buona sostanza i diritti reali sui beni oggetto dell'originario contratto (casa civile di abitazione e prezzo) vengono ripristinati e non già riacquistati.

D'altronde l'art. 8, lett. e) della tariffa allegata al D.P.R. 131/1986 prevede che le sentenze che dichiarano la risoluzione di un contratto debbono scontare l'imposta in misura fissa e pertanto per coerenza lo stesso trattamento deve essere riservato alla risoluzione convenzionale.

In conclusione, tenuto conto di quanto detto in merito allo scioglimento per mutuo dissenso quale contratto autonomo che non integra un nuovo trasferimento, ma semplicemente elimina gli effetti di un precedente contratto, l'atto di risoluzione per tale causa non integra il presupposto per la disciplina prevista per i trasferimenti immobiliari e la consegna dell'immobile all'originario proprietario non assume rilievo ai fini dell'imposta di registro per la sua intrinseca neutralità patrimoniale.

Soltanto nell'ipotesi in cui dalla risoluzione del contratto derivino prestazioni patrimoniali in capo alle parti (previsione di un corrispettivo per la risoluzione contrattuale) potrà trovare applicazione l'imposta proporzionale ai sensi dell'art. 28, secondo comma, TUIR.

Per le ragioni sopra esposte il ricorso deve ritenersi fondato e ciò nonostante va disposta la compensazione delle spese tra le parti in considerazione del contrasto giurisprudenziale sopra menzionato.

P.Q.M.

La Commissione, in accoglimento del ricorso, annulla l'avviso di liquidazione impugnato e compensa le spese di giudizio tra le parti.

Così deciso in Chieti 11 marzo 2016

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