Convivenza di fatto - Cessazione - Trasferimento immobiliare - Agevolazione fiscale - Inapplicabilità

Agenzia delle Entrate

Risposta n. 244

Roma, 4 maggio 2022

OGGETTO Esenzione art. 19 della legge 6 marzo 1987, n. 74. - Conviventi di fatto.

 

Con l'istanza di interpello specificata in oggetto, è stato esposto il seguente

QUESITO

Il Notaio istante rappresenta di essere incaricato di ricevere un atto di trasferimento immobiliare con il quale il signor X cede la quota di metà dell'abitazione alla signora Y, a fronte dell'accollo della quota di metà del mutuo contratto da entrambi per l'acquisto della casa di residenza.

L'Istante fa presente, al riguardo, che i due hanno avuto una relazione affettiva in seguito alla quale hanno convissuto e avuto due figlie.

Per sopravvenuti motivi di incompatibilità, hanno interrotto la propria convivenza; di comune accordo e nell'interesse preminente di serenità delle figlie minori, il signor X si è trasferito ad abitare in altra casa, mentre la signora Y è rimasta a vivere, con le due figlie, nella suddetta abitazione.

Successivamente, i medesimi si sono determinati a formalizzare l'intervenuta cessazione della convivenza, concordando le relative condizioni, e conseguentemente hanno presentato ricorso congiunto al Tribunale di Milano, ai sensi degli articoli 316 e 337-bis c.c. Tra gli accordi raggiunti dagli ex conviventi vi è anche quello di addivenire alla predetta cessione della quota di metà dell'abitazione e il predetto accollo della quota di metà del mutuo da parte della signora Y.

Il Tribunale di Milano ha approvato le condizioni pattuite per la cessazione della convivenza, il mantenimento della prole e la sorte dell'abitazione adibita a residenza della coppia e delle due figlie minori.

 

SOLUZIONE INTERPRETATIVA PROSPETTATA DAL CONTRIBUENTE

L'Istante ritiene che al trasferimento della quota di metà dell'immobile adibito a residenza dei "conviventi di fatto" possa essere applicata l'esenzione prevista dall'art. 19 della legge 6 marzo 1987, n. 74.

Al riguardo rappresenta che:

- la sentenza della Corte Costituzionale n. 154 del 10 maggio 1999 ha esteso l'esenzione anche alle cessioni effettuate dai/tra i coniugi, in esecuzione di accordi omologati dal Tribunale in sede di separazione personale;

- la circolare n. 49/E del 16 marzo 2000 ha confermato l'orientamento e l'interpretazione della Corte Costituzionale;

- il comma 20 dell'art. 1 della legge 20 maggio 2016, n. 76 ha implicitamente esteso l'esenzione prevista dall'articolo 19 della legge n. 74 del 1987 anche allo scioglimento delle unioni civili;

- la risoluzione n. 65/E del 16 luglio 2015 ha esteso l'applicazione dell'esenzione anche agli accordi di negoziazione assistita ex articolo 6 del decreto legge n. 132 del 2014;

- la convivenza può essere qualificata come formazione sociale nella quale si svolge la personalità del cittadino, che richiede l'adempimento di doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale (art. 2 della Costituzione);

- il riconoscimento delle convivenze di fatto è contenuto nei commi da 46 a 54 dell'articolo 1 della legge n. 76 del 2016 e l'art. 230-ter c., come modificato dalla citata legge, stabilisce una sostanziale equiparazione del coniuge al convivente di fatto.

 

PARERE DELL'AGENZIA DELLE ENTRATE

L'articolo 19 della legge 6 marzo 1987, n. 74 dispone che "tutti gli atti, i documenti ed i provvedimenti relativi al procedimento di scioglimento del matrimonio o di cessazione degli effetti civili del matrimonio nonché ai procedimenti anche esecutivi e cautelari diretti ad ottenere la corresponsione o la revisione degli assegni di cui agli articoli 5 e 6 della legge l° dicembre 1970, n. 898, sono esenti dall'imposta di bollo, di registro e da ogni altra tassa".

Detta disposizione è stata oggetto di vaglio costituzionale in diverse occasioni; in particolare:

- con la sentenza n. 176 del 15 aprile 1992, la Corte Costituzionale ne ha dichiarato l'illegittimità costituzionale in relazione sia all'allora vigente articolo 4 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 635, in materia di imposte ipotecarie e catastali sia all'articolo l della Tariffa allegata al medesimo d.P.R. "nella parte in cui non comprende nell'esenzione dal tributo anche le iscrizioni di ipoteca effettuate a garanzia delle obbligazioni assunte dal coniuge nel giudizio di separazione";

- con la sentenza n. 154 del 10 maggio 1999, la medesima Corte ne ha dichiarato l'illegittimità costituzionale nella parte in cui "non estende l'esenzione in esso prevista a tutti gli atti, i documenti ed i provvedimenti relativi al procedimento di separazione personale dei coniugi". Con tale sentenza, l'Organo costituzionale ha precisato che la ragione del trattamento fiscale di favore per gli atti e provvedimenti afferenti ai procedimenti di divorzio, e anche a quelli di separazione, risiede nella " esigenza di agevolare l'accesso alla tutela giurisdizionale" dei coniugi coinvolti, e ciò anche al fine "di promuovere, nel più breve tempo, una soluzione idonea a garantire l'adempimento delle obbligazioni che gravano, ad esempio, sul coniuge non affidatario della prole" (cfr anche Corte Costituzionale sentenza 11 giugno 2003, n. 202).

Con circolare n. 27/E del 21 giugno 2012 è stato chiarito che, dal punto di vista oggettivo, l'esenzione di cui al citato articolo 19 si riferisce a tutti gli atti, documenti e provvedimenti che i coniugi pongono in essere nell'intento di regolare i rapporti giuridici ed economici "relativi" al procedimento di scioglimento del matrimonio o di cessazione degli effetti civili dello stesso. Inoltre, l'esenzione di cui all'articolo 19 trova la sua ratio nell'esigenza di agevolare l'accesso alla tutela giurisdizionale, evitando che l'imposizione fiscale possa gravare sui coniugi rendendo ancora più difficile il superamento della crisi coniugale.

Con riferimento al caso rappresentato, occorre, altresì, richiamare la legge 20 maggio 2016, n. 76 (cd. "Legge Cirinnà"), recante la "Regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e disciplina delle convivenze".

L'articolo 1, comma 36 della citata legge definisce "«conviventi di fatto» due persone maggiorenni unite stabilmente da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale, non vincolate da rapporti di parentela, affinità o adozione, da matrimonio o da un'unione civile".

Al successivo comma 37 viene precisato che "Per l'accertamento della stabile convivenza si fa riferimento alla dichiarazione anagrafica di cui all'articolo 4 e alla lettera b) del comma 1 dell'articolo 13 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 1989, n. 223".

La "convivenza di fatto" comporta il riconoscimento di una serie di situazioni giuridiche previste dai commi 38 e ss. (es. diritto di visita, assistenza ospedaliera, etc.). Il medesimo articolo 1 prevede, inoltre, al comma 50 che "I conviventi di fatto possono disciplinare i rapporti patrimoniali relativi alla loro vita in comune con la sottoscrizione di un contratto di convivenza".

Tali contratti, ai sensi del comma 51 (così come le relative modifiche e risoluzioni), "sono redatti in forma scritta, a pena di nullità, con atto pubblico o scrittura privata con sottoscrizione autenticata da un notaio o da un avvocato che ne attestano la conformità alle norme imperative e all'ordine pubblico" e, ai fini dell'opponibilità a terzi, il professionista che ha ricevuto l'atto in forma pubblica o che ne ha autenticato la sottoscrizione "deve provvedere entro i successivi dieci giorni a trasmetterne copia al comune di residenza dei conviventi per l'iscrizione all'anagrafe...".

La richiamata legge n. 76 del 2016 non prevede e non regolamenta alcuna modalità di scioglimento del "rapporto di convivenza"; in altri termini, non è previsto legislativamente alcun procedimento o tutela giurisdizionale o paragiurisdizionale per porre rimedio ad un'eventuale crisi tra i conviventi stessi.

Per completezza, si fa presente, inoltre, che gli atti e i documenti con cui i " conviventi di fatto" regolamentano i loro rapporti patrimoniali per la risoluzione di una crisi del loro legame non possono essere equiparati agli accordi conclusi a seguito di convenzione di negoziazione assistita di cui all'articolo 6 del decreto legge 12 settembre 2014, n. 132.

In base alla citata disposizione, l'accordo concluso tra i coniugi a seguito della convenzione e trasmesso al Procuratore della Repubblica presso il Tribunale competente (che, qualora non ravvisi irregolarità, concede il nulla osta per procedere agli adempimenti di competenza ovvero, in presenza di figli minori, incapaci, portatori di handicap grave o economicamente non autosufficienti, rilascia apposita autorizzazione quando ritiene che l'accordo risponda all'interesse dei all'interesse dei figli) "produce gli effetti e tiene luogo dei provvedimenti giudiziali" che definiscono i procedimenti di separazione personale e di cessazione degli effetti civili del matrimonio. Se ritenuti regolari dal Procuratore della Repubblica, sulla base di tali accordi possono essere effettuate le dovute annotazioni negli atti dello stato civile riguardanti i coniugi.

Alla luce di quanto sopra, con risoluzione n. 65/E del 16 luglio 2015 è stato chiarito che l'esenzione di cui al citato articolo 19 può trovare applicazione agli accordi di negoziazione assistita in virtù della parificazione ex lege degli effetti dell'accordo ai provvedimenti giudiziali di separazione e di divorzio, sempreché dal testo dell'accordo medesimo, la cui regolarità è stata vagliata dal Procuratore della Repubblica, emerga che le disposizioni patrimoniali, contenute nello stesso, siano funzionali e indispensabili ai fini della risoluzione della crisi coniugale. Tale parificazione degli effetti non è suscettibile di trovare applicazione oltre il caso considerato.

Sulla base di quanto precede, con riferimento alla fattispecie rappresentata non si ritiene sussistente il presupposto per l'applicazione dell'articolo 19 della legge n. 74 del 1987, che fa riferimento a "tutti gli atti, i documenti ed i provvedimenti relativi al procedimento di scioglimento del matrimonio o di cessazione degli effetti civili del matrimonio", in ossequio alla ratio sopra individuata di agevolare l'accesso alla tutela giurisdizionale ai fini di consentire la risoluzione della crisi coniugale.

Ne consegue che al trasferimento della quota di metà dell'immobile adibito a residenza dei "conviventi di fatto" a favore di uno dei due non possa essere applicata l'esenzione prevista dall'art. 19 della legge n. 74 del 1987.

Si osserva, infine, che gli articoli 316 e 337-bis del codice civile, richiamati nell'istanza di interpello e posti a fondamento del ricorso presso il Tribunale, riguardano rispettivamente, la responsabilità genitoriale e l'esercizio della responsabilità genitoriale a seguito di separazione, scioglimento, cessazione degli effetti civili, annullamento, nullità del matrimonio ovvero all'esito di procedimenti relativi ai figli nati fuori del matrimonio.

Il presente parere viene reso sulla base degli elementi e dei documenti presentati, assunti acriticamente così come illustrati nell'istanza di interpello ed esula, altresì, da ogni valutazione circa fatti e/o circostanze non rappresentate nell'istanza e riscontrabili nella eventuale sede di accertamento.

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